Percepire sé stessi attraverso la nudità: mettersi a nudo
“Si può essere nudi senza nulla concedere, senza aprire all’altro neppure una fessura della propria anima”
di Umberto Galimberti (2004)
Amare sé stessi è una forma d’arte; è una forma di comunicazione che intimamente noi mettiamo in atto con noi stessi; è un qualcosa che tutti dovremmo essere in grado di fare, ma che alle volte può incontrare delle difficoltà. Per riuscire a farlo bene è necessario impegno, e anche un certo allenamento.
Un aspetto imprescindibile per amare sé stessi è l’amore per il proprio corpo (vedi l’articolo: Accettare la propria fisicità). Questo traguardo può essere raggiunto attraverso un percorso che può essere lungo e non privo di ostacoli, ma che può sicuramente essere alleviato nelle sue difficoltà tramite la condivisione con altri individui.
La prima tappa da raggiungere – prima ancora di aprirsi agli altri – passa obbligatoriamente per il rispetto di sé: bisogna infatti aprirsi con sé stessi, rispettando sé stessi, per potersi poi aprire agli altri, rispettandoli.
Col rispetto di sé arriva la consapevolezza; e con essa la coscienza del proprio valore, che porta a comprendere come la nostra unicità sia la nostra più grande forza.
Se un primo passo deve essere fatto per imparare a rispettare il nostro corpo, aprendoci intimamente con noi stessi, quale può essere questo passo se non quello di imparare a conoscere bene il nostro fisico? E come fare ad imparare a conoscere il nostro corpo, se non soffermandoci ad osservarlo nella sua interezza, nella sua bellezza, nella sua unicità?
Spogliamoci, dunque, ed osserviamoci; restiamo nudi di fronte a noi stessi.
Spogliare il proprio corpo è oggettivamente facile, almeno dal punto di vista meccanico: basta solo togliersi tutti gli indumenti. Questo è soltanto il primo step, che peraltro a molti potrebbe sembrare, comunque, non facile da compiere.
Poi dobbiamo metterci ad osservare noi stessi, la nostra fisicità, cercando di abbandonare condizionamenti, pregiudizi e timori. Spogliare l’animo dalle proprie paure è per molti un’operazione assai più difficile, che non si compie con la semplicità con cui ci si toglie una maglietta. È un passaggio che può risultare impegnativo, ma che è necessario fare per “mettersi a nudo” completamente. Solo in questo modo saremo veri “scopritori” del nostro corpo.
Non esitiamo nel metterci in gioco: la “scoperta” della nostra nudità può portarci ad un’esperienza unica nel suo genere.
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Nudità come tabù?
In Occidente, ancora oggi la nudità personale viene percepita come un tabù. In moltissimi casi noi stessi riproponiamo e viviamo intimamente, in maniera talvolta profonda, questo tabù.
In realtà, nel contesto della modernità occidentale il concetto stesso di tabù ha subìto una graduale ridefinizione e ricollocazione, soprattutto in epoca recente. Dall’iniziale valenza di “divieto imposto per motivi di rispetto, per ragioni rituali, di igiene o di decenza” sia in ambito etnologico che religioso, il concetto è stato esteso dalla moderna psicanalisi a “ogni atto proibito, oggetto intoccabile, pensiero non ammissibile alla coscienza” dell’individuo e della collettività. Attraverso ulteriori sviluppi e nuove formulazioni, tuttavia, oggi il concetto di tabù è pervenuto a un punto tale da diventare soggettivamente elastico e malleabile.
Questa evoluzione del concetto di “proibito” ha interessato numerosi aspetti del nostro vivere, non ultimo l’approccio che noi tutti abbiamo con la nudità, col senso della decenza e col senso del pudore.
L’immensa libertà di espressione, sia sociale che artistica, fiorita negli ultimi decenni ha portato, infatti, ad una tale contaminazione di idee e ad un tale mescolamento di pensiero che si è innescato un vero e proprio processo di allentamento dei “vincoli” della decenza e del pudore, soprattutto in relazione all’esposizione del corpo.
Su questo processo si è innestata poi, nella nostra società ormai dominata dai mass-media e dai social-media, la sempre maggiore importanza attribuita all’apparenza di sé e del proprio modo di vivere.
Tutto questo ha portato a non nascondere più il corpo, ma, semmai, ad esaltarlo fino a farlo diventare un nuovo culto: il corpo è diventato una nuova divinità. Palestre, personal trainer, creme di bellezza, trattamenti per il corpo, diete di ogni genere e chirurgia estetica inducono sempre più a far percepire il corpo come un nuovo oggetto di culto.
Nessuno più oggi considera “scandaloso” vedere al mare un uomo in speedo o una donna che prende il sole senza reggiseno. Più una persona viene considerata bella dalla massa, meno viene considerato scandaloso se decide di indossare outfit che quasi non lasciano spazio all’immaginazione. Se un fisico viene ritenuto bello, perché coprirlo? Ormai l’unico elemento che rimane da “scoprire”, nel vero senso della parola, è solo l’organo genitale. Solo un “residuo di pudore” frena lo scoprimento in pubblico di quest’ultimo piccolo particolare.
Nudità “bella” e nudità “vergognosa”
All’odierna società occidentale non va più di nascondere i corpi; anzi, li vuole mettere in mostra, ma a una spietata condizione: è meglio che a esporli siano persone che rispettano canoni ben precisi di bellezza.
Qui appunto nasce il vero problema.
Il problema non è la nudità in sé; tutt’altro. Infatti, se sei bello, puoi fare ciò che vuoi, dato che ormai non susciti più riprovazione. Ma se non sei bello?
Non viene detto esplicitamente da nessuna parte, ma oggi il cosiddetto “sentire comune” suggerisce che, se non sei bello, ti devi vergognare del tuo corpo! Qui sta l’assurdo: ti devi vergognare perché non sei sufficientemente bello da poterti far vedere senza vestiti in un contesto sociale che, mai come oggi, espone ovunque la nudità dei corpi.
Questo atteggiamento profondamente “discriminante” genera in moltissime persone delle profonde e intime difficoltà, che ledono la stima di sé e suscitano la vergogna di una “riconosciuta e manifesta” inadeguatezza. Al di là della bellezza che può avere un corpo, questa vergogna indotta può diventare un potente catalizzatore di blocchi mentali.
In realtà, una volta superato questo falso ostacolo riguardo la nudità fisica, si potranno aprire di fronte a noi innumerevoli meccanismi e possibilità. E si potranno anche accettare meglio quelle che consideriamo nostre “debolezze mentali”, liberando dai condizionamenti esterni il giudizio che abbiamo di noi stessi.
La percezione che abbiamo della nostra nudità risulta, pertanto, “in gioco” tra il rispetto che abbiamo di noi stessi e il senso di pudore/vergogna che ci viene indotto da mille condizionamenti esterni.
Imparare a liberare la percezione del corpo da questi condizionamenti “negativizzanti” ci permetterà anche di capire che il pudore non è un sinonimo di “vergogna”. Potremo così riconoscere che esso non è solo una faccenda di vesti, sottovesti o intimo abbigliamento, e quindi non è un fattore legato solo alla nostra nudità; ma che, in realtà, è una sorta di serratura, attraverso la quale noi decidiamo il nostro grado di apertura o di chiusura verso gli altri.
La comprensione della “naturalezza” del nostro pudore diverrà quindi un tassello importante della stima che noi abbiamo di noi stessi.
Erezioni in libertà
Quando ci si spoglia di fronte agli altri, è facile che possano nascere degli imbarazzi. Gli imbarazzi iniziali possono anche rivestirsi di paure o di vergogna, soprattutto se si ha il timore di venire giudicati per le impreviste reazioni spontanee che il nostro corpo potrebbe manifestare all’interno di un gruppo di persone dedite al nudismo, come ad esempio durante la pratica del Naked Yoga. A causa di queste reazioni fisiche potrebbero inoltre scattare, inconsciamente o meno, dinamiche di confronto fisico o addirittura di chiusura nei confronti degli altri.
Praticare in nudità delle attività di gruppo, come il Naked Yoga, può essere fisicamente e mentalmente molto liberatorio; ma il timore di un’eventuale erezione, durante la pratica svolta in modalità naturista, può arrivare a bloccare un discente prima ancora dell’approccio con questa forma di Yoga, per così dire “estrema”.
Ciò può accadere anche se il praticante vive una piena accettazione del proprio corpo e della propria nudità. Un uomo, per esempio, potrebbe pensare di non avere alcuna remora nel farsi vedere nudo, perché accetta pienamente il proprio corpo, ma potrebbe aver timore di subire un giudizio nell’essere osservato dagli altri in un momento di eccitazione individuale. Può nascere quindi il timore sia di un giudizio “fisico”, per le dimensioni del proprio membro o per la tonicità dei propri muscoli, sia di un giudizio “sociale”, per aver perso il controllo davanti agli altri ed essersi eccitato alla vista di altre persone nude, creando così una situazione di imbarazzo non richiesta e risultando potenzialmente fuori-luogo.
Indubbiamente una simile situazione può suscitare imbarazzo, anche a prescindere dall’orientamento sessuale dei partecipanti alla pratica, ma non deve essere vissuta come un deterrente o un ostacolo alla propria nudità in gruppo. La paura di una propria reazione fisica, o la paura di una reazione fisica fatta nascere negli altri, può infatti compromettere in parte, se non totalmente, la libertà raggiunta con il superamento dello scoglio della nudità, perché si instaura un inevitabile confronto con chi tra i presenti sembra essere più dotato e fisicamente tonico, o sembra “saper controllare” perfettamente queste reazioni spontanee.
Non di meno, un altro potenziale ostacolo alla libera espressione del proprio corpo potrebbe scaturire dall’implicito timore di essere creduto dai compagni come “persona spinta da secondi fini”, più pruriginosi che yogici. Un praticante – a prescindere dal suo personale orientamento sessuale – potrebbe sentirsi profondamente imbarazzato da un altro compagno che lo osservasse mentre è eccitato durante l’attività svolta in nudità. Ne potrebbero nascere malintesi psicologicamente difficili da gestire anche all’interno di un gruppo affiatato.
Eventuali scambi di sguardi, in un gruppo di uomini in nudità, sono intimamente legati alla spontanea curiosità di ognuno di noi verso il corpo degli altri. Tutto ciò è ammissibile, dato che questi istinti sono una parte importante dell’essere umano, e del maschio in particolare.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che per vivere al meglio un’esperienza di gruppo in nudità, come appunto il Naked Yoga, è fondamentale che ci sia grande rispetto tra tutti i partecipanti. Il rispetto che noi abbiano del nostro corpo e che noi richiediamo agli altri verso il nostro corpo, ci indica il giusto approccio: di questo rispetto dobbiamo rivestire anche la curiosità che il corpo altrui suscita in noi.
Pertanto, se l’eventualità di un’erezione durante la pratica in nudità è possibile, questa non deve suscitare imbarazzi, perché non viene derisa o riprovata. Essa infatti verrà riconosciuta e vissuta come “normalità” di un singolo all’interno del gruppo, nel quale ognuno deve poter godere sempre della libertà di esprimersi, e di far esprimere il proprio corpo, in piena accettazione di sé e degli altri. All’interno del gruppo ognuno deve avere il diritto di sentirsi a proprio agio e di essere pienamente accettato dagli altri.
Qualora, poi, la pratica del Naked Yoga dovesse sfociare nell’approccio al Massaggio Tantrico, le reazioni corporee spontanee potrebbero ovviamente essere ancora più evidenti ed inevitabili. L’interazione stretta tra due persone e il pieno contatto fisico potrebbero, infatti, suscitare ulteriori timori e imbarazzi, pur se mitigati dalla pratica in un ambiente più intimo.
Tuttavia, anche in questo caso, la comunanza di intenti e il rispetto reciproco, modulato sull’intima complicità del massaggio, saranno la via per l’accettazione totale di sé e dell’altro. In questo modo il puro tocco fisico, accolto e offerto senza timori, senza aspettative o finalità, riuscirà a innescare tutta una serie di sensazioni e sentimenti che potremo lasciare scorrere senza freno e controllo.
Nudo tra i nudi, uomo tra gli uomini
All’interno di un gruppo che svolga pratiche in nudità, il rispetto reciproco tra i membri non può che nascere dalla conoscenza; e la conoscenza tra i membri del gruppo può nascere e può essere approfondita solo mediante la condivisione e la comunicazione tra essi.
La comunicazione reciproca ricopre un ruolo fondamentale per unire e rafforzare un gruppo che si approcci a questo tipo di attività, e per aprire la strada a una profonda fiducia tra i componenti. La comunicazione, infatti, favorisce progressivamente la conoscenza e la reciproca accettazione tra le persone; e può portare alla creazione di una sempre più profonda coesione e complicità tra i praticanti, che andranno a lavorare seguendo il filo conduttore della reciproca fiducia.
Tuttavia, quando ci si apre alla condivisione può accadere che noi stessi erigiamo inconsciamente dei muri. I timori che possiamo avere riguardo noi stessi, o riguardo il nostro corpo, generano infatti inconsapevolmente delle barriere, che possono poi trasformarsi in vere e proprie “prese di distanza” a causa delle ansie che scaturiscono dal nostro timore di spogliarci delle più intime difese, mostrandoci quindi “completamente nudi” di fronte agli altri.
Una comunicazione costante tra i componenti del gruppo, prima e dopo la pratica, permette di alleviare tutte le ansie che potrebbero nascere dai primi approcci alla pratica in nudità; ansie che possono innescare tutta una serie di sensazioni o di evidenti reazioni fisiche, che si potrebbe temere fossero fraintese.
Manifestare e condividere nel gruppo, o con l’insegnante, eventuali “imbarazzi” aiuterà a comprendere che essi nascono dal manifestarsi di reazioni fisiche del tutto naturali, condivise dalla maggior parte degli uomini, perché parte connaturata della natura del maschio.
La condivisione aperta ed esplicita delle proprie reazioni fisiche con il gruppo permetterà di capire, ad esempio, che un’involontaria eccitazione non verrà giudicata, ma sarà accettata e riconosciuta come un aspetto significativo e comune del nostro essere maschi.
Da un certo punto di vista le pratiche svolte in nudità, come il Naked Yoga o la Meditazione Tantrica, possono anche essere interpretate come un ritorno alle nostre origini animalesche, perché ci permettono di riprendere pieno contatto con il nostro corpo nudo, con i nostri istinti, con le nostre sensazioni fisiche. Anche in quest’ottica l’eventuale erezione apparirà come un fatto del tutto naturale, che non è stato espressamente ricercato in quel contesto, ma che spontaneamente può avvenire per tutta una serie di reazioni personali che non si possono sempre controllare.
Le paure irrazionali, che ne possono comunque scaturire, non dovrebbero mai diventare un deterrente per escludersi a priori dal partecipare a questo tipo di attività di gruppo. Al contrario.
Esse infatti devono diventare un mezzo per una migliore comprensione di sé e un momento importante nel cammino della propria crescita personale, grazie al quale potremo accorgerci che non è solo nostro questo atteggiamento di “vergogna” e che esso, essendo presente in ognuno dei membri del gruppo, ci accomuna tutti facendoci sentire meno sbagliati e meno soli.
Ascoltare le condivisioni dei propri compagni, comprenderle senza giudicare paragonandole al proprio stato d’animo o anche alle nostre esperienze passate, permette di liberarsi dal giudizio, personale o altrui, e da ogni timore. Accogliere le paure e le reazioni naturali degli altri diventa quindi l’atteggiamento migliore per vivere ogni attività con grande leggerezza, cogliendo il massimo dei benefici dalla pratica a cui si partecipa.
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